Fuori concorso – INLAND EMPIRE, David Lynch
David Lynch, Leone d’Oro alla carriera per questa Mostra del Cinema, porta con sé al Lido la sua ultima fatica INLAND EMPIRE (rigorosamente maiuscolo). Prima della proiezione di questa mattina, dell’ultima fatica di Lynch si sapeva poco o niente. Le uniche indiscrezioni riguardavano la trama che, nelle parole del regista, "racconta la storia di una ragazza nei guai". Sempre il regista lo aveva definito un film sperimentale. Considerando le sue ultime prove, queste parole avevano messo in allarme più di uno spettatore: cosa ci si può aspettare da un regsita come Lynch nel momento in cui dichiara di voler sperimentare? In primo luogo si sperimenta sul formato, visto che INLAND EMPIRE, come l’intera produzione del suo sito, è girato in digitale piuttosto rozzo. Successivamente si può parlare di sperimentazione anche per quanto riguarda la narrazione e il superamento di alcuni dei suoi temi, molti dei quali presenti in Mulholland Drive. Laura Dern, attrice bionda in quel di Hollywood, riceve la visita di una strana signora, la quale le mostra il futuro. "Domani" l’attrice comincerà a girare un film diretto da Jeremy Irons a fianco di Justin Theroux. Il film riguarda una storia evidentemente extraconiugale tra la Dern e Theroux, ed è un remake di un vecchio film basato su una vecchia storia balcanica, mai portato a termine a causa della morte dei due attori protagonisti. Anche questa volta sul set cominciano ad accadere strani fenomeni.
Questo è solo un tentativo di descrivere l’inizio del film, che successivamente diventa completamente irraccontabile e indescrivibile. La storia e la vita di Laura Dern si sdoppiano, confondendo metacinematograficamente la realtà (sempre se di realtà si può parlare) con la trama del film. Oltre a questo corto circuito vanno aggiunti ancora molti e diversissimi piani di narrazione, nei quali trovano spazio una trasmissione radiofonica polacca, una sit com con uomini vestiti da conigli guardata da una donna piangente in un albergo (forse il riferimento più esplicito alla sua produzione on line, vedi Rabbits), la vita di alcune prostitute, ballerini, un circo…
Inutile insomma, tentare di scovare un qualsiasi filo logico: l’importante, e immaginiamo scopo ultimo del regista, è quello di lasciarsi andare – perdersi – in un lungo viaggio allucinante, spaventoso e inquietante, apparentemente regolato da uno strano dualismo o simmetrismo assolutamente inintellegibile. Un’esperienza unica che molto probabilmente necessita di molto tempo e di ulteriori visioni per sedimentarsi . Il pubblico in sala ha inevitabilmente reagito in tutti i modo possibili: spellandosi le mani e urlando immediatamente al capolavoro, uscendo dopo pochi minuti, fischiano e urlando alla truffa. D’altra parte stiamo parlando di un film sperimentale di David Lynch. Camei per Nastassja Kinsky, William H. Macy, Harry Dean Stenton e Laura Haring.
Venezia 63 – Exiled, Johnny To
Torna a Venezia, finalmente in concorso, una delle ultime sicurezze del cinema action e gangster di Hong Kong. Il patron di casa Milkyway con questo Exiled ha realizzato uno splendido gangster movie dalla trama piuttosto semplice (verrebbe da dire prosciugata), ma dalla messa in scena immensa. Quattro terribili criminali si ritrovano sotto casa di un loro vecchio amico. Due di loro, al soldo di un potente boss mafioso, lo devono uccidere, gli altri due lo vogliono difendere. Inevitabilmente, ma solo dopo una sparatoria, i vecchi sentimenti ritorneranno a galla e, ancora una volta, i cinque si ritroveranno a lavorare insieme. Man mano che la storia procede il film di To diventa quasi astratto, rinunciando nella parte centrale al progredire della narrazione e al dialogo, per concentrarsi sulle geometrie delle sparatorie, che diventano i punti chiave e di svolta del film. Nella parte finale, in un clamoroso Heroic Blood Bath, il film si impenna vertiginosamente mescolando alla perfezione la migliore action con alcuni dei luogi comuni drammatici dei film di Hong Kong tra cui l’amicizia virile, il sacrificio e la difesa dell’onore. A Simon Yam e Anthony Wong basta comparire in scena senza muovere un muscolo per essere perfetti. Immagino che con una presidentessa di giuria come Catherine Deneuve a Exiled non andrà mai a premio, ma è uno dei film più belli in concorso (se non il migliore finora) e conferma Johnny To come uno dei registi più dotati e più teorici degli ultimi dieci anni di cinema di Hong Kong.
Venezia 63 – Euphoria, Ivan Vyrypaev
Opera prima per questo giovane regista russo proveniente dal teatro. Ambientato nella steppa, racconta la storia d’amore tra un uomo e una donna sposata con figlia. Dopo un incidente alla figlia, i due amanti decideranno di fuggire tra steppa e fiumi inseguiti dal marito armato di fucile. La tragedia incombe. Un film insostenibile con un nucleo narrativo della durata di 5 minuti e che impegna i restanti 65 facendo delle gran panoramiche sulla steppa. Il peggio del cinema pretenzioso e senza idee che colleziona tra l’altro una citazione da Sentieri Selvaggi e una da La Morte Corre Sul Fiume, una Ofelia fischiettante, una citazione da una fotografia di Walker Evans e la peggiore e più invasiva colonna sonora dai tempi de L’Arco di Kim Ki Duk. Il desiderio di confezionare l’immagine bella è totalmente fine a se stesso e non ha niente a che vedere con la storia che francamente è risibile.
Venezia 63 – L’intouchable, Benoit Jacquot
Isild Le Besco, quella che l’anno scorso era una fan sfegata di Emmanuelle Seigner nel putrido Backstage, scopre dalla madre ubriacona che suo padre è indiano. Sbriga due pratiche, tra cui le prove teatrali di uno spettacolo di Brecht (camera fissa e tanta cultura), le riprese più o meno hard di un film (che scandalo! Due tette!), e parte alla ricerca del padre. Arrivata in India la ragazza scopre la presenza degli Intoccabili. Poi scopre che questi possono anche essere ricchi. Poi vede suo padre ma non gli dice niente. Al grido di "Esotismo! Paesi Lontani! Culture differenti", Jacquot ha fatto un film prettamente turistico che mostra la povertà dell’India, i cibi dell’India, i vestiti dell’India, le usanze dell’India. La parte indiana è girata in digitale e tutti guardano in macchina. Se non comprisse ogni tanto la Le Besco, lo si potrebbe confondere tranquillamente per un filmino amatoriale delle vacanze. Ma per chi è fatto un film del genere? Per quale motivo è in concorso?
IN BREVISSIMO:
Fuori Concorso – Summer Love, Piotr Uklanski
Qualcuno di voi forse ricorda due anni fa un colossal wu xia malese. Quest’anno abbiamo avuto la fortuna di vedere un film western polacco con Val Kilmer. Bisogna aggiungere qualcosa? Val Kilmer non dice una parola ma si limita a fare il cadavere tutto il tempo. Ad un certo punto viene decapitato. Ah, prima gli mettono due pomodori al posto degli occhi. Il film dove si beve di più nella storia del cinema (lo sceriffo beve anche un dopo barba) ha dalla sua anche la sogettiva del Kilmer morto (virata di rosso nella sequenza del pomodoro), di una pistola, di un cappio, una serie dia dialoghi e situazioni imbarazzanti. Divertente anche se esclusivamente per super nerd (oltre a me infatti penso si sia divertito solo Tommy e Guillermo Del Toro presente in sala).
FEDEmc
2 Comments
Comunque, secondo me INLAND EMPIRE torna, il problema è che invece di esserci due piani come in Mulholland drive, ce ne sono perlomeno 5 (racconto polacco, film originale, vita personale degli attori del film originale, film attuale, vita personale degli attori del film attuale), senza contare la trasmissione che dura da più tempo al mondo e la sitcom con i conigli
manu
per info su INLAND EMPIRE c’è molta carne al fuoco su
http://blogvetriolo.blogspot.com/