Videocracy (Erik Gandini, SVE 2009)
Le voci di critica nei confronti di quello che sta accadendo nel nostro Paese arrivano sempre di più dall’esterno. Che siano gli articoli dei quotidiani stranieri, gli interventi di politici dell’UE o, come in questo caso, film di produzione estera. Questo da un lato ci fa capire che, davvero, in Italia è sempre più difficile (per pigrizia o altro) sfondare la calotta trasparente sotto la quale la stessa società e il suo spirito critico vanno in letargo e dire in maniera efficace qualcosa sul sistema che, da trent’anni a questa parte, con potere crescente e consenso in aumento costante, ci governa. Scalfari, in un editoriale di qualche mese fa, definiva il sistema di governo che c’è in Italia come "democrazia autoritaria". Andrea Inglese, in un bell’intervento a proposito di Videocracy su Nazione Indiana, parla di "fascismo estetico". In ogni caso, siamo messi male.
Nel documentario di Gandini, questo fatto emerge chiaramente. Berlusconi, Mora, Corona e i loro paggetti e damigelle sono la reificazione dell’impunità (arrogante o meno: la calma di Lele Mora è sconvolgente) per una piccola percentuale di popolazione. Il resto degli italiani li guarda provando una serie di sentimenti che vanno dall’indifferenza acritica all’adorazione. E questo in Videocracy si capisce bene. Così come si capisce, attraverso la patetica (nel senso proprio del termine) figura del ragazzo lombardo che vuole sfondare in televisione con l’idea meravigliosa di un personaggio che unisca Van Damme a Ricky Martin (sic), la frustrante e disorientante brama di apparire e di conseguenza di soldi&potere che ormai pervade il popolo. Ma, a prescindere dalle reazioni, e dall’ottima capacità che Gandini ha di scegliere il materiale (tutte le riprese dei programmi televisivi da angolazioni non ortodosse sono esemplificative più di duemila manuali di comunicazione), Videocracy appare un po’ sconnesso, non coeso, forte nelle parti che lo compongono, ma non nella struttura generale. Il titolo è imponente e di buon auspicio, ma più che una concatenazione logica di elementi, immagini, persone, c’è una giustapposizione, talvolta un po’ traballante.
Poi, che c’entra, è da vedere. Se non altro per capire, una volta di più, che questo Paese non ha speranza, ma non per Berlusconi (e i suoi annessi e connessi), ma per la gente che lo abita.
Francesco
3 Comments
Infatti, da vedere. Non fosse altro per ribellione all’assurdo veto di bloccarne il promo sulle reti Rai. Che già è un commento. Lusinghiero. Anche se non arriverà dentro alle case degli italiani. Lu
Di fascismo estetico parlava Susan Sontag in Sotto il segno di Saturno. Poi magari un Andrea Inglese ha parlato anche lui di fascismo estetico.
e’ vero che non emerge una struttura generale che lo fortifica, pero’ secondo me la cosa che colpisce di videocracy
e’ la sua assoluta ribaltabilita’:
gli stessi filmati con le stesse frasi della voce over (cambiando solo un pochino il tono e la musica) potrebbero benissimo
essere viste come un’esaltazione di un certo modo di agire.
corona e lelemora e anche il silvio sono molto orgogliosi di come appaiono
perche’ appaiono proprio come sono e come tutti sanno che sono.
e chi li adora vorrebbe essere come loro proprio perche’ sono cosi’.
l’altra cosa che traspare e’ la compassione se non il disprezzo
per il popolino rozzo e sfigato. compassione e disprezzo
nello sguardo di chi e’ rappresentato (che facce fa corona seduto a fianco di coloro che lo venerano?)
e nello sguardo di guarda (il regista e noi che guardiamo con lui).
il video di MENOMALE CHE SILVIO C’E’ e’ quello vero, usato in campagna elettorale … siamo spacciati.
gig. wannabe