Gli amici dell’Opificio Ciclope anni fa hanno fatto un documentario dal titolo Mutor. A Pezzolo di Russi, provincia di Ravenna, ogni anno c’è la Festa de Mutor. Quest’anno è stato dalll’11 al 14 di giugno. Si tratta di quattro felici giorni spesi all’aria aperta tra stand gastronomici, birrette e motori. Tanti motori. L’attrazione principale è il Tractor Pulling, a.k.a. una gara di trattori. Funziona così: ti legano al trattore un peso (variabile a secondo della cilindrata del tuo trattore) e tu devi percorrere un percorso nel minore tempo possibile. Ci sono tantissimi trattori diversi: da quelli normali che durante il resto dell’anno vengono utilizzati nei campi, a quelli super elaborati che ricordano più dei dragster. Il documentario si conclude sulle note di Angel of Death di Hank Williams. I campi, il tramonto, un trattore e il vecchio Hank. Perfetto. Ma non è Mount Olive, Alabama. È Pezzolo di Russi, Ravenna.
C’è poco da fare: le provincie, se le guardi in un certo modo tendono a somigliarsi tutte. Questa è una delle cose che m’è venuta in mente guardando White Lightnin’, esordio per Dominic Murphy. Il film racconta la storia di Jesco White, conosciuto come The Dancing Outlaw, il ballerino fuorilegge. Nato nel 1956 a Bandytown, piccola cittadina spera tra i Monti Appalachi, Jesco è figlio d’arte. Suo padre era infatti D. Ray White, uno dei più grandi ballerini di sempre. Capace di mescolare il tip tap con il clog dancing, è diventato una vera e propria leggenda. È finito anche nel documentario della PBS Talkin’ Feet. Cioè, da Bandytown alla PBS, capite anche voi che è un traguardo che ha dell’incredibile. Ma come in tutte le famiglie che si rispetti c’è la pecora nera: Jesco White. A 6 anni Jesco s’era già ridotto il cervello in fumo aspirando benzina e ricariche d’accendini. Faceva solo quello: si alzava il mattino e la prima e unica cosa a cui pensava era farsi. In qualsiasi modo possibile. Dentro e fuori dai riformatori, ospedali psichiatrici, tutte le dipendenze che si possono immaginare… Una tragedia. Il povero papà è disperato e tenta di salvare il suo pargolo con l’unico mezzo a sua disposizione: il ballo. Manco fossimo nel capolavoro L’Uomo che Usciva la Gente (feat. Billy Ballo), è o’ tippo tappo che può cambiare la vita di una persona.
E Jesco diventa un ballerino. Ma anni di lampi bianchi, di sniffate di solventi, colle, benzine, l’hanno reso debole, pazzo e paranoico. Un brutto giorno, due balordi peggio di lui gli uccidono il padre. Oltre il cervello, finisce in pezzi anche il cuore del povero Jesco, il quale – per onorare la figura paterna – comincia a girare gli States ballando. E diventando the dancing outlaw. Jesco tenta di rigare dritto, di walk the line, ma i demoni dentro di lui rendono tutto molto difficile: la volontà di vendetta e l’inclinazione agli eccessi continuano a mettere i bastoni tra le ruote al ragazzo. Il quale trova l’amore, diventa una leggenda ambulante, ma continua – ancora oggi – a essere una pecora nera, un essere alieno, unico e incapace di adeguarsi a qello che lo circonda.
Una storia del genere, capite anche voi, è troppo ghiotta per non finire su grande schermo. Prima del film di Murphy, la storia di Jesco White è stata raccontata dalla solita PBS con Different Drummer. Subtio dopo è stata la volta di Jesco White: The Dancing Outlaw e di Dancing Outlaw 2: Jesco Goes To Hollywood, due impressionanti documentari diretti da Jacob Young. Nel 2009 è stata la volta di The Wild and Wonderful Whites of West Virginia, altro documentario prodotto da Johnny Knoxville è presentato al Tribeca. White Lightnin’si distacca da tutti questi altri titoli in quanto fiction. E qui la cosa si fa interessante. Il film è scritto dai creatori di Vice Magazine Eddy Moretti e Shane Smith. Vi ricordate? Abbiamo già parlato di Vice. Quella volta era il black metal norvegese (o l’heavy metal a Baghdad), questa volta è l’incredibile mondo degli hillybilly degli Appalachi drogati e ballerini.
Roulotte che cadono a pezzi, tatuaggi d.i.y. con l’inchiostro blu, Elvis alle pareti di fiacno a Gesù, accenti troppo belli per essere veri, fondi di bottiglie di whisky, l’eco di una voce di un predicatore pazzo, una collina che ricorda il golgota e un giro di banjo distrorto. Com’era prevedibile, il “trattamento Vice” all’argomento è ingombrante. Il White Trash più disperato (già rivalutato in corner da Trailer Park Boys o My Name Is Earl) qui diventa l’ultima frontiera dello chic. Un bianco e nero stranissimo e bellissimo che ti fa venire immediatamente voglia di comprare un trattore per iscriverti alla prossima di Tractor Pulling. Finto, furbo, costruito… quello che volete. Ma una forza visiva invidiabile.
L’intento di White Lightnin’ è quello di ritrarre Jesco White come un angelo innocente alle prese con un mondo sbagliato che non lo capisce. Quasi interamente narrato dalla sua voice over, come tradizione orale impone, il film funziona come il cervello di Jesco White: una lunga serie di flash, di lampi (bianchi) che si interrompono sempre sul più bello. Piccole schegge che procedono apparentemente infischiandosene della normale cronologia degli eventi, che tendono a diventare sempre più onirici mescolando la tealtà con i frutti marci della mente di Jesco. Sicuramente fin troppo compiaciuto nel suo essere zozzo, fallisce quando cerca lo scandfolo o lo schock a tutti i costi ma è ha un’innegabile potenza e il merito di tenere incollati alla poltrona raccontando la storia di un uomo che balla. Jesco White è portato sullo schermo da Edward Hogg, somma di Vincent Gallo e Charles Manson con delle camice magicamente fuori tempo massimo. Tutti in piedi per la grandissima Carrie Fischer nella parte di ‘Cilla, l’amore della vita di Jesco. Incredibile.