THE RING 2, Hideo Nakata, USA, 2005

Il processo è abbastanza assurdo e vale la pena spenderci due parole. Hideo Nakata ha girato Ringu e Ringu 2 in Giappone tra il 1998 e il 99. Dopo l’enorme successo della serie (in patria omaggiata anche da uno squallido prequel, Ringu 0), e l’espansione dell’horror giapano e asiatico in generale (i vari Ju On, The Eye et similia), in America si decide di farne il remake. Alla regia viene chiamato Gore Verbinski, fresco del successo de La Maledizione della Prima Luna. Contro ogni pronostico il risultato non è da buttare via anche se, scorrettamente e con poca lungimiranza, nella versione Usa del film vengono inseriti elementi del secondo capitolo originale. Dal 2002 la situazione sembra essere sfuggita di mano a chiunque: gli Horror giapponesi (o con della gente con gli occhi a mandorla…) saturano il mercato cinematografico occidentale assolutamente a caso e rischiano di diventare solo ed unicamente stereotipici o parodici. Dopo l’arrivo in America di Takashi Shimizu e il successo del suo Ju-On (un uomo costretto a girare lo stesso film per l’eternità) poi, si sono aperte le porte dell’industria ai registi giapponesi e quindi, per girare il seguito del remake del suo film, viene chiamato Hideo Nakata in persona. Avete Capito? Se non avete capito la colpa un po’ è mia che scrivo a cazzo, ma fondamentalemnte è dell’industria cinematografica americana che sembra essere governata dagli Sgorbions. Il regista giapponese deve essersi sentito preso vagamente per il culo, ma con estrema intelligenza è riuscito a baggianare un po’ tutti. Dopo aver dimostrato di essere di gran lunga superiore ai suoi colleghi in patria, durante questi lunghi anni ha assistito ai danni pepetrati dal cinema occidentale al genere di cui in parte è fondatore, si è studiato la materia, ed è arrivato alla prova americana preparato. Per evitare fraintendimenti forse è meglio dire subito che questo The Ring 2 è nettamente il suo film più brutto, ma ci sembra che alcune sue scelte siano interessanti. La cosa che stupisce maggiormente è come sia proprio il regista che ha dato via alla febbre dell’horror mania giapponese il primo a distaccarsi dai suoi luoghi più riconoscibili e ormai esauriti: per dirla più chiaramente, poche bambine con i capelli davanti agli occhi che spuntano fuori dal nulla a fare BU! Si, ovviamente ci sono quelli che ormai vengono strombazzati come elementi necessari al genere (The Eye 2 viene pubblicizzato con la frase "Un solo scopo: farvi saltare dalla sedia") ma sembrano quasi inseriti a forza per non deludere un pubblico che quello ormai si aspetta. Hideo Nakata alza la testa, e dopo pochi minuti cambia direzione abbandona non solo i salti dalla sedia, ma anche la storia portante della sua serie: la maledizione della videocassetta di Sadako/Samara. Giocando clamorosamente d’anticipo, lo scopo del regista sembra quello di girare il remake (prendendolo molto alla larga… poi magari qualcuno se ne accorge) non dichiarato del suo film più riuscito: Dark Water (è previsto a breve il remake a firma di Walter Salles). Samara, dopo essere stata allontanata da Naomi Watts nel film di Verbinski, torna decisa ad impossessarsi del corpo e della mente del suo pargolo, per ricevere finalmente quell’amore materno che le è stato negato e che ha scatenato la sua furia vendicatrice. La protagonista dovrà quindi fare i conti ancora una volta con il male, questa volta incarnato non in una videocassetta, ma in suo figlio. E se l’unica soluzione per sconfiggere il male fosse la più terribile e dolorosa immaginabile? In questo senso l’horror di Nakata si fa più vivo, più doloroso e tangibile delle sue varie imitazioni. La paura non si limita a scatenarsi dal eccesso di decibel ma dalle tematiche e dalle tensioni in campo. Ripeto: gli errori ci sono, in sceneggiatura ci sono dei buchi impossibili da non notare, lo strangolamente dovuto al sistema produttivo americano è più che evidente, ma quando non lo si accetta controvoglia (lo svogliato digitale degli inspiegabili cervi che fanno il paio con il cavallo del primo episodio americano o quello della scena madre nella vasca da bagno) ci si ironizza (vedi l’intro con la coppietta di teenagers sprovvisti di cerebro). Sembra insomma che Nakata si adoperi a dare il contentino a chi ha certe aspettative dai film horror giapani, ma che in controluce sia ancora in grado di colpire nel segno.

FEDEmc

7 Comments

  1. Posted 13 aprile 2005 at 11:02 | Permalink | Rispondi

    Troppo tardi, dopo mezzora era già di una noia insostenibile.

  2. Posted 14 aprile 2005 at 13:32 | Permalink | Rispondi

    ma la maledizione della prima luna non è successivo a the ring? ;P

  3. Posted 14 aprile 2005 at 18:57 | Permalink | Rispondi

    sei il primo che sento parlarne meglio che malissimo.
    (sintassi, addio)

  4. anonimo
    Posted 15 aprile 2005 at 12:22 | Permalink | Rispondi

    Cineblob: è vero. dovrei correggere e scrivere “fresco del successo di The Mexican: amore senza la sicura”.
    Kekkoz: me ne rendo conto. mi sembra ci sia anche un bel po’ di voglia di liquidarlo in due parole questo film. Forse esagero io, secondo me non è male.

  5. Posted 15 aprile 2005 at 12:54 | Permalink | Rispondi

    (correggi pure, ma ricorda che The Mexican – oltre a essere, con rispetto parlando, un film del cazzo – si rivelò un disastro al botteghino)

  6. anonimo
    Posted 15 aprile 2005 at 15:57 | Permalink | Rispondi

    io the mexican non l’ho visto ma mi fido del delicato commento di sestasera. però il sottotitolo spaccava: Amore senza la sicura. geniale…
    Fmc

  7. Posted 17 aprile 2005 at 13:33 | Permalink | Rispondi

    La delicatezza dei miei commenti è nota al mondo intiero.

    (p.s. il sottotitolo di The Mexican traduceva paro paro la frase di lancio americana)

Pubblica un Commento

Required fields are marked *

*
*