Il nostro viaggio nel cinema italiano /30: Ubaldo Terzani Horror Show, di Gabriele Albanesi, 2011


Trama
Un giovane regista horror, Alessio Rinaldi (Giuseppe Soleri) viene invitato dal suo produttore (Antonino Iuorio) a scrivere il suo film con un romanziere horror, Ubaldo Terzani (Paolo Sassanelli). Alessio a casa sua e viene progressivamente soggiogato dal carisma dello scrittore, che arriverà ad avviluppare nelle sue spire anche la giovane fidanzata di Alessio (Laura Gigante).

Giudizio sbrigativo
Albanesi ha già un capitolo nel nostro “viaggio” per Il bosco fuori, con il quale questo film condivide produttori (i Manetti Bros) ed effetti speciali (a cura di Stivaletti): Manu all’epoca diceva che “due tiri in porta, nel casino generale, si vedono”. Per conto mio qui c’è decisamente un maggiore controllo di tutto quanto e Albanesi è anche capace di girare alcune buone sequenze, ma il film ha due grandi problemi. Il primo è il clichè che supera il citazionismo per diventare fastidioso: per esempio il regista horror non può che avere la casa piena di locandine di film italiani “neri” e thriller degli anni ’70 e anche la collezione di Dylan Dog; deve sfoggiare t-shirt della Raro Video; entro il primo quarto d’ora bisogna dire o mostrare qualche nome che richiami l’attenzione del cinefilo (però complimenti alla firma “Sam Dalmas” di una quarta di copertina). Insomma, ci siamo capiti. Il secondo è la sceneggiatura, che se tiene bene in diversi punti, in altri (specialmente nella caratterizzazione di Terzani) crolla miseramente. Per quanto ubriaco e gigione, può mai uno brindare “al cinema e alla letteratura”? E “hobby e sport” dove lo mettiamo? Comunque Ubaldo Terzani Horror Show, in fin dei conti, è una visione divertente, con un accelerata splatter finale decisamente godibile.

Perché lo abbiamo visto?
Sempre per la solita storia: perché amiamo l’horror e se è italiano non resistiamo.

Fulmine di Pegasus (aka triplo dolly carpiato con avvitamento aka la scena ricca aka buttiamo due soldi su questa sequenza che facciamo il botto aka “la mia arte si esprime nella visione”)
Non c’è un “fulmine” vero e proprio. Diciamo che talvolta Albanesi abusa ripetutamente di grandangoli e deformazioni varie. Sì, per “restituire” lo sguardo di un personaggio in qualche modo alterato.

Momento Centovetrine (alias la scena povera alias hai speso i soldi per il triplo dolly, adesso quest’altra la fai con un totale di 3′ e la illumini con la luce di emergenza Beghelli, e il fonico oggi non viene perché aveva un torneo di karate)
Ecco, il fonico non so cosa avesse, ma non era proprio concentratissimo. Complimenti per la scelta della presa diretta, non è facile girare così: però diverse battute si perdono troppo, e il missaggio di alcune parti è davvero confuso. Ecco, l’apice di questi problemi avviene durante l’immancabile scena della festa: qui in Italia è davvero difficile girare bene una situazione del genere. Perché?

Dai, dai, dai che la giriamo: (alias la scena in cui il film sembra decollare)
La prima mezz’ora (battute un po’ improbabili a parte) il film tiene bene. Si percepisce un certo senso di inquietudine.

Enchanted Bunny (alias la scena in cui il film si suicida)
Sicuramente quella della festa dove Sassanelli, che è bravo, in genere, probabilmente viene lasciato un po’ a piede libero. E brinda, appunto, ai cartoncini rosa e marrone.

Tarallucci e vino: (alias c’è un conflitto? che cos’è il conflitto alias l’altro umiliato in sottotesto)
Ma certo: Terzani (mica è uno spoiler, si capisce dal primo minuto) è uno cattivo, quasi satanico. Quindi siamo davvero dalle parti bene vs male. Tz.

La società si prende le sue colpe?
L’ambito sociale del film è quello del cinema: ma una volta che si innesca la trama, tutto è solitario e claustrofobico.

Indice di in-vaccabilità (alias quanto è riconducibile a: “è di destra o di sinistra?”)
Mah, dipende: Albanesi mette il suo protagonista in mezzo alla “gente di cinema” sbruffona, o falsa, o “venduta alla fiction”. Il nostro si erge a paladino del vero cinema contro la televisione. Un po’ vecchia, come posizione, da qualunque parte la si metta. Direi, quindi, cinque.

Indice “Montale e i suoi limoni” (alias sfoggio di high culture a caso)
Tre: qua si cita Bava, Barker, le case editrici Camunia e Gargoyle. Siamo dalle parti del pop, compresi dei frangenti in cui Sassanelli parla di “ispirazione” e scrittura. Eh.

Indice di Tarantinabilità: (alias c’è qualcosa che tra vent’anni ci sembrerà troppo avanti?)
Abbastanza basso: questo film ha come riferimento il caro vecchio splatter dei tempi che furono, con un lodevole tentativo di creare disagio e tensione senza sangue, sebbene con un continuo ricorso al “ah, no, questa cosa orrenda era solo un sogno”.

Maggio 2007 (alias segnali di calendario possibile alias tette laterali)
Laura Gigante (già vista in Albakiara) mostra le tette, da viva e da morta. Laura Gigante è insostenibile per quanto non sia capace di recitare. Siamo in questo (e in altre cose) del tutto d’accordo con gli amici dei 400 calci.

Pubblico? Quale pubblico?
Il film è uscito in aprile direttamente in dvd, che potrebbe anche avere la sua diffusione. In un mondo senza internet, ovviamente.

Ce lo meritiamo?
Non lo so davvero, perché in fondo questo film (pur con i difetti elencati) è sincero, pur essendo paraculo. Uhm. Quindi ce lo meritiamo, sì.

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