Speciale Nicolas Winding Refn: Marco Cacioppo su Drive, 2011

Ultimo giorno di speciale dedicato a Nicolas Winding Refn, aka il capo del mondo. La recensione del suo ultimo capolavoro, come già annunciato, spetta a Marco Cacioppo, grande consocitore del cinema del danese e critico cinematografico in forze a Nocturno.

Separati alla nascita: Marco Cacioppo e Ryan Gosling.

Separati alla nascita: Marco Cacioppo e Ryan Gosling.

E arriviamo a Drive, ovvero il film che ha fatto sì che anche in Italia si svegliassero e iniziassero ad accorgersi di Nicolas Winding Refn, anche se poi, buttando le orecchie qua e là, ti rendi conto che tutti, come d’incanto, sono da sempre estimatori del grande cineasta danese. Se penso che ai tempi di Valhalla Rising (due anni fa), a Venezia, ero stato se non l’unico, senz’altro uno dei pochi giornalisti italiani a intervistarlo… Drive è tratto dall’omonimo romanzo breve di James Sallis, che a breve vedremo anche sugli scaffali delle nostre librerie grazie all’interessamento di Giano Editore. Si tratta del primo film su commissione di Refn, ma anche quello della sua definitiva consacrazione all around the world. È stato Ryan Gosling, che conosceva il lavoro del regista danese, a contattarlo e a coinvolgerlo. Come già sicuramente molti di voi sapranno, si tratta della storia di uno stuntman (Ryan Gosling), taciturno e senza nome, che di giorno guida e fa piroettare le macchine sui set cinematografici, di notte, invece, mette a disposizione per soli cinque insindacabili minuti di orologio le proprie abilità di autista durante le rapine. Il film si apre giustappunto con una lunga sequenza notturna di car chase per le strade di L.A. Secca, nervosa, completamente senza dialoghi e contrappunto musicale (se non per la voce del centralino della polizia emessa dalla radio e un’ossessiva partitura di bassi appena appena percettibile) e tutta girata dall’interno dell’abitacolo di una Chevrolet Impala. Per trasmettere la tensione è sufficiente lo sguardo concentrato di Gosling, intento a precedere le mosse delle volanti della polizia e dell’elicottero che gli stanno alle costole, alternato alle espressioni di panico dei due ladri seduti nel retro.

In realtà l’attività illecita di Driver – così chiameremo d’ora in poi il nostro eroe – non è il focus del film, anche se avrà una funzione fondamentale nel corso della storia. Il plot narrativo principale ha a che fare con la storia d’amore tra Driver e Irene (Carey Mulligan), una ragazza che abita sul suo stesso pianerottolo. Costei ha un figlio e pure un marito, in attesa di essere rilasciato di prigione. Tra i due, pertanto, c’è il tempo perché si instauri un legame affettivo che vorrebbe andare oltre la dimensione platonica ma non può nella misura in cui entrambi i personaggi sono ben consapevoli che le circostanze non glielo permetteranno. E infatti, proprio sul più bello, quel buono a nulla di Standard Gabriel (Oscar Isaacs) torna a casa dalla moglie portandosi dietro le conseguenze di un accordo stipulato con i mafiosi quand’era dentro. Et voilà… L’incantesimo è bello che spezzato. Driver e Irene non possono fare altro che amarsi silenziosamente, con lo sguardo, o il lieve contatto fisico rappresentato dalle loro mani che si sfiorano una sull’altra. Sullo sfondo della liaison fra Driver e Irene assistiamo anche al declino inesorabile di due boss della mala un po’ sui generis, Albert Brooks e Ron Perlman (lui un ex produttore di film action-sexy negli anni Ottanta, l’altro un gangster ebreo), un tempo amici e soci, adesso vecchi e incapaci di stare al passo con le dinamiche moderne della malavita. È proprio l’intersecarsi fra queste due vicende a scatenare l’inferno.

Drive è fondamentalmente una storia d’amore, improbabile quanto si vuole, ma pur sempre una storia d’amore. Di quelle che solo uno come Nicolas Winding Refn può concepire. In quale altro film, infatti, la scena del bacio, da sempre –Propp insegna – legata al momento in cui eroe e amata sanciscono definitivamente il proprio amore, coincide invece con l’addio e con una delle scene più truci di tutto il film, quella ormai famosa dell’ascensore per cui Refn, nel ricevere il premio a Cannes, ha ringraziato l’amico Gaspar Noé? Perché Refn è un naïve, uno di quelli che dirige con un occhio aperto sul set e l’altro chiuso a pensare alla moglie e ai due figlioli. Se volete guardare Drive e al contempo farvi i cazzi altrui, beh considerate questo film come un atto d’amore di Refn nei confronti della propria famiglia. Ogni scena, ogni situazione in Drive trasuda cinema e vita famigliare. Due aspetti che nella vita del regista danese sono intrecciati indissolubilmente. Quando Driver fa fuori i cattivi lasciandoli a brandelli per terra in un lago di sangue, è Refn che sta immaginando di andare a salvare la moglie. Quando Driver cita Vivere e morire a Los Angeles guidando lungo l’acquedotto in compagnia di Irene e del bambino, è sempre lui che in quel momento vorrebbe avere la patente (ha paura delle macchine) e fare lo stesso con la propria famiglia.

E pensare che inizialmente Drive doveva essere un film diretto da Neil Marshall (quello di The Descent, Doomsday e Centurion) con protagonista Wolverine (Hugh Jackman)! Nicolas Winding Refn è riuscito in una volta sola a sfondare le porte di Hollywood, prendersi gioco degli ingranaggi produttivi che regolano il cinema americano, accontentare i finanziatori e parimenti fare il film che voleva lui come voleva lui: ovvero un film che come tutti i film di Refn è fuori dal tempo e da qualsiasi logica cinematografica razionale, ma forse, proprio perché fatto di quell’essenza pura, incantata, trasognata, fanciullesca, perennemente entusiasta tipica dell’approccio di Refn nei confronti della realtà che lo circonda e delle storie che racconta, in grado di trasmettere a tutti le emozioni più disparate. Per questo e per tanti altri motivi Drive è un film speciale.

IMDb | Trailer

Marco Cacioppo

2 Comments

  1. marco
    Posted 3 ottobre 2011 at 14:56 | Permalink | Rispondi

    visto sabato ,a fine film pubblico abbastanza interdetto vabbè ero in una multisala comunque per me un buon film ma niente di più

  2. Margherita
    Posted 10 ottobre 2011 at 11:10 | Permalink | Rispondi

    Grazie, GRAZIE per questa splendida recensione che sottoscrivo virgola per virgola.

3 Trackbacks

  1. […] indietro. Con un’avvertenza fondamentale: quei cinema proiettano tendenzialmente film come Drive e Black Swan, non retrospettive su Fredi […]

  2. […] DAMS e Scienze della Comunicazione – Melancholia, di Lars von Trier – Drive, di Nicolas Winding Refn – This Must Be the Place, di Paolo Sorrentino – Pina, di Wim Wenders – […]

  3. […] Miglior colonna sonora Cliff Martinez e altri per Drive […]

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